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Come è cambiato lo scenario del lavoro

Nei giorni in cui si discute di programmi, provvedimenti e proposte per i prossimi mesi, può essere utile riportare lo sguardo alla realtà dei fatti per analizzarli e cercare di comprenderli. Questo è tanto più urgente se parliamo di lavoro, un tema che, insieme al problema della tutela della salute, ricopre un ruolo centrale. La diffusione pandemica del Coronavirus ha aperto scenari del tutto imprevisti. Catapultati in una situazione inedita, ci troviamo ad elaborare, nell'urgenza, soluzioni accessibili ed efficaci, per garantire la continuità aziendale e/o gestire la contrazione dell'attività. Il Decreto Cura Italia, pubblicato il 18 marzo, ha stabilito che con medesima decorrenza, e per i successivi 60 giorni, non è possibile avviare, né concludere procedure di licenziamento individuale o collettivo per ragioni economiche, salvo quelle che alla data del 23 febbraio 2020 erano già iniziate. Per altro verso il Decreto ha disciplinato specifici ammortizzatori sociali che, almeno sulla carta, sono volti a sostenere quei datori di lavoro che a causa del Covid-19 non possono impiegare proficuamente, in tutto o in parte, la loro forza lavoro.
Il 18 marzo 2020 l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha diffuso alcune note in lingua inglese intitolate “COVID-19 and World of Work: Impacts and Responses” (già pubblicate nel Bollettino Adapt n. 12/2020) e leggermente modificate il 19 marzo, che offre una prima valutazione a livello globale dell’impatto del COVID-19 sul mercato del lavoro.
Il primo dato rilevante è che le misure di quarantena introdotte in molti Paesi per contenere il virus stanno determinando uno shock economico non solo dal lato dell’offerta (a causa della interruzione e/o del rallentamento di buona parte sia della produzione, sia dei servizi), ma anche dal lato della domanda (a causa della inattività obbligata di gran parte della forza lavoro, con inevitabili ripercussioni sui consumi).
In particolare, l’OIL prevede che gli effetti si faranno sentire in primis sulla quantità di lavoro, se è vero che secondo le stime vi sarà un aumento a livello globale del numero di disoccupati. In secundis lo shock economico pare inevitabilmente destinato ad incidere sui guadagni, posto che, a causa delle misure di quarantena, si stimano perdite complessive di reddito da lavoro. In ultimo, la crisi economica determinata dal virus è destinata – come l’esperienza delle crisi e delle pandemie passate suggerisce – a colpire prevalentemente alcune categorie di lavoratori: i giovani, gli ultracinquantacinquenni, gli immigrati, le donne e le categorie non protette (lavoratori autonomi ed occasionali compresi). Se dunque la situazione attuale induce a prevedere un periodo di forte recessione economica a livello globale, occorrono risposte politiche rapide, non frammentate e coordinate, a livello sia nazionale che globale, volte non solo a limitare gli effetti diretti della pandemia sulla salute dei lavoratori e delle loro famiglie, ma anche ad attenuare le ricadute indirette del virus sull’economia mondiale attraverso l’individuazione di misure di sostegno economico sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta.

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